Consolidamento frane

Gli interventi di stabilizzazione dei pendii hanno come obiettivo la messa in sicurezza di una situazione di pericolo attuale, come ad esempio una frana in movimento, oppure la prevenzione ex-ante del rischio su pendii potenzialmente instabili, o infine la sistemazione ex-post di un dissesto avvenuto.

Lo studio di un dissesto franoso rappresenta una delle problematiche più complesse nell’ambito della difesa del suolo, e richiede una stretta interazione tra ingegneria geotecnica, idraulica e geologia. L’individuazione dei meccanismi di frana è spesso difficoltosa; esistono infatti numerose tipologie di movimenti franosi che dipendono delle caratteristiche geo-meccaniche del terreno, dell’inclinazione del pendio, dei caratteri idraulici del sottosuolo e da numerosi altri parametri. Il sistema di classificazione maggiormente utilizzato per descrivere i movimenti franosi è quello proposto da Varnes nel 1978, che si basa sul tipo di movimento e sulla natura del terreno coinvolto. Dallo studio geologico, geomorfologico, idrogeologico, e dall’analisi dei meccanismi e delle cause del dissesto, si definisce un modello geotecnico del sottosuolo, utilizzato nelle analisi di stabilità.

Nei pendii in terra le tipologie di intervento possono suddividersi in:

  • Interventi atti ad incrementare la resistenza al taglio del materiale (incremento delle forze o dei momenti stabilizzanti), come le tecniche di miglioramento delle caratteristiche meccaniche terreni quali le tecniche di addensamento, le iniezioni di miscele, oppure interventi di riduzione delle pressioni neutre quali drenaggi superficiali e profondi, o interventi che incrementano gli sforzi normali lungo la superficie di rottura, con la realizzazione di sovraccarichi al piede del versante.
  • Interventi atti a ridurre la resistenza al taglio mobilitata (diminuzione delle forze o dei momenti destabilizzanti), attraverso lo scavo in sommità o l’abbattimento della scarpata, o tramite l’impiego di tecniche che trasferiscono gli sforzi tangenziali a formazioni rocciose profonde stabili, mediante la realizzazione di opere di sostegno rigide o flessibili, in terra armata o rinforzata, con o senza ancoraggi e chiodature.

Nei pendii in roccia si individuano invece:

  • Interventi di difesa attiva: sono costituiti dalle opere che impediscono il distacco degli elementi lapidei del versante, mantenendoli in posto sulla parete o aumentandone il coefficiente di sicurezza, e tutti gli interventi che prevedono l’asportazione di elementi instabili mediante abbattimento.
  • Interventi di protezione passiva: tali opere hanno l’obiettivo di intercettare, deviare o fermare blocchi già in movimento.

In generale la stabilizzazione di un pendio non si raggiunge con un solo tipo di intervento, ma necessita di più tipologie di interventi di stabilizzazione combinate tra di loro. Inoltre, nella scelta degli interventi di stabilizzazione è determinante non solo l’efficacia tecnica delle soluzioni proposte, ma anche l’influenza dei fattori economici e il costo dell’opera, i tempi di esecuzione e le tecnologie utilizzabili.

Le prime esperienze dell’impresa Dalla Gassa nella stabilizzazione di movimenti franosi risalgono ai primi anni ’80, quando gli enti preposti a tali interventi erano per lo più i “Consorzi di bonifica montana” e i “Servizi forestali regionali”. Le tecniche allora impiegate consistevano principalmente in opere di drenaggio delle acque e in opere a gravità, quali muri di contenumento e gabbionate. Fin dall’inizio della sua esperienza in questo campo, la Dalla Gassa propone soluzioni alternative per il consolidamento dei pendii in frana, con studi geologici e geotecnici di calcolo avanzati e innovativi a supporto delle tecniche proposte.

Con centinaia di interventi di consolidamento all’attivo, anche su movimenti franosi importanti, la Dalla Gassa è una delle imprese leader in questo campo nel territorio dell’Italia settentrionale.

L’Ancoraggio Flottante SIRIVE® è una tecnica pensata per assorbire per attrito parte degli sforzi tangenziali indotti nel terreno dal movimento franoso, tramite l’inserimento nel pendio di barre di ancoraggio autoperforanti in acciaio secondo una geometria discontinua che segue la morfologia del pendio. A differenza di altre tecniche, gli ancoraggi flottanti non prevedono un rivestimento continuo posto sulla facciata della parete. Sul versante è prevista la sola applicazione di una piastra in calcestruzzo (l’elemento flottante) collegato alla testa di ciascuna barra: dato che l’elemento flottante è ancorato in profondità al terreno stabile, esso rimane praticamente fisso nello spazio, mentre il corpo di frana può muoversi relativamente ad esso, e la piastra può quindi essere completamente immersa nel terreno in movimento. Questa condizione non è negativa per il sistema; al contrario, il verificarsi di spostamenti relativi tra terreno e ancoraggio permette al sistema di ottimizzare la dissipazione di energia all’interfaccia terreno-calcestruzzo, senza rottura strutturale dell’elemento di rinforzo.

Si tratta di un sistema passivo: le barre sono cementate e solidarizzate al terreno per la loro intera lunghezza, sia nella zona passiva (roccia o terreno stabile) sia in zona attiva (corpo frana), e non viene applicato alcun carico di pre-tensionamento alle barre, se non un leggero precarico di assestamento del sistema. Gli ancoraggi flottanti si attivano all’instaurarsi di un moto relativo terreno-rinforzo che attiva l’attrito sia sulla superficie di contatto piastra-terreno, sia all’interfaccia boiacca-terreno.

Le analisi economiche eseguite hanno permesso di evidenziare come, in molti casi, le tradizionali tecniche di stabilizzazione di fenomeni franosi lenti, quali ad esempio muri di sostegno in calcestruzzo armato, paratie tirantate di micropali o pali trivellati, terre rinforzate, gabbionate, hanno costi nettamente maggiori e non peraltro giustificati dalla performance in termini di grado di sicurezza raggiunto. Tali interventi rigidi infatti attivano una sollecitazione di gran lunga superiore rispetto a quella mobilitata da un intervento con ancoraggi, richiedendo di conseguenza una maggiore struttura resistente.

Gli interventi tradizionali sono concepiti per sopportare in modo rigido una data sollecitazione di progetto, valutata come necessaria per garantire la stabilizzazione del versante. La grande rigidezza di questi interventi non permette loro di adattarsi ad eventuali spostamenti del versante, e se la forza sollecitante supera il valore di progetto l’opera si danneggia, a volte irreversibilmente, perdendo il suo effetto stabilizzante.

L’intervento con Ancoraggi Flottanti Sirive® è invece flessibile: è infatti composto da elementi di rinforzo modulari, progettati e posti in opera per assorbire una data quantità di sforzo orizzontale; la velocità del movimento franoso viene così ridotta in funzione delle tensioni trasferite per attrito su ciascun ancoraggio moltiplicate per il numero totale degli ancoraggi stessi. Nel caso la sollecitazione esercitata dal terreno su ciascun elemento superi il valore limite della sollecitazione di progetto sopportabile dall’elemento stesso, il terreno si muove relativamente al rinforzo, ma quest’ultimo continua comunque ad esplicare la dissipazione di progetto per attrito lungo l’ancoraggio, senza collasso.

Mentre quindi un’opera rigida tradizionale deve essere perfettamente dimensionata per la sollecitazione di progetto (la quale deve essere stimata in modo preciso), pena il totale non funzionamento dell’opera stessa, l’intervento con Ancoraggi Flottanti Sirive® può essere calibrato in corso d’opera, aggiungendo altri ancoraggi anche in un secondo tempo, a seconda delle necessità riscontrate o in funzione di rilievi eseguiti in fase di realizzazione e/o di monitoraggi successivi al primo intervento. Può essere affiancato da interventi (contemporanei o successivi) di altro tipo, senza difficoltà, continuando comunque ad esplicare la sua funzione dissipatrice di energia, senza collasso fragile o perdita di resistenza degli elementi flottanti.

In molte frane ad evoluzione lenta è possibile utilizzare tale tecnica anche solamente per rallentare, se non addirittura fermare, il movimento. L’effetto ottenuto dipende dalle dimensioni della frana e dalle condizioni locali in sito, oltre che dalle richieste della committenza e dal budget economico.

Altri fattori positivi dell’Ancoraggio Flottante SIRIVE® sono:

  • Facilità e rapidità di installazione: i macchinari utilizzati per l’esecuzione degli ancoraggi sono meno ingombranti e raggiungono facilmente anche i siti più impervi.
  • Basso impatto ambientale: la tecnica non prevede un rivestimento continuo di facciata, ma solamente la presenza discontinua delle piastre flottanti poste alla testa di ciascun ancoraggio; essendo le piastre di ripartizione rade (la superficie mediamente coperta con le piastre è di 1,5 m2 ogni 25-30 m2, con un rapporto di ricoprimento pari a circa 5-6%), la parete potrà quindi essere piantumata e rinverdita, con una conseguente rinaturalizzazione della zona di intervento.
  • Buona protezione delle barre dalla corrosione: la boiacca cementizia che avvolge le barre protegge l’acciaio dai fenomeni corrosivi e fornisce maggiore durabilità all’opera; si può prevedere una protezione aggiuntiva per le barre che necessitano di una maggiore durabilità nel tempo o che sono installate in ambienti particolarmente corrosivi, utilizzando una zincatura a caldo. In casi particolari si può prevedere l’impiego di barre speciali protette con resine, o di tiranti dielettrici. Per la durabilità si fa comunque riferimento allo standard europeo UNI EN 14490.

L’impresa Dalla Gassa ha sviluppato la tecnica degli Ancoraggi Flottanti Sirive® in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale dell’Università degli Studi di Padova, tramite il finanziamento di un Dottorato di Ricerca a tema. Lo studio prevede inoltre una partnership con professionisti, l’Ufficio Difesa del Suolo della Provincia di Vicenza e la Regione Veneto. Maggiori informazioni possono essere reperite nel sito web dedicato www.ancoraggioflottantesirive.com.

Le Cinture Flottanti Sirive® sfruttano l’interazione che si genera tra più “ancoraggi flottanti” ravvicinati. Quando infatti sono posti in corpo frana con un interasse contenuto, non possono più essere considerati come elementi discreti e non interagenti tra loro. Ciascun ancoraggio flottante, per mezzo del plinto in calcestruzzo posto in corrispondenza della testata della barra, individua nell’area a sé retrostante un volume conico di terreno che, coerentemente con la teoria di Terzaghi per le fondazioni superficiali, si deforma rigidamente. Se gli ancoraggi sono vicini, i coni si intersecano ad una certa profondità, generando una sorta di “cintura” di terreno attorno al corpo frana che, come una cerchiatura, stabilizza il pendio in corrispondenza di tale sezione.

Le Cinture Flottanti Sirive® hanno lo scopo di trattenere una determinata forza, allo stesso modo di una equivalente struttura rigida quale ad esempio un muro di sostegno. A differenza delle opere rigide, hanno però la particolarità di poter ammettere deformazioni e cedimenti differenziali senza per questo produrre il collasso dell’opera. Gli ancoraggi di cui è composta la cintura sono liberi di flottare all’interno del corpo di frana; essi si assesteranno nel terreno trovando nel tempo la posizione di equilibrio, inducendo una distribuzione degli sforzi nel terreno che conduce a una maggiore stabilità.

Essendo l’intervento di tipo flessibile e ammettendo esso deformazioni differenziali, le sollecitazioni dimensionanti per l’opera di consolidamento saranno notevolmente inferiori rispetto ad un’opera rigida; di conseguenza la cintura flottante potrà essere dimensionata riducendone notevolmente i costi.

Dal punto di vista realizzativo, si tratta di un intervento che non richiede consistenti movimenti di terra e può essere realizzato anche non seguendo una geometria orizzontale ma adattandolo alla morfologia del corpo di frana. A differenza della parete flottante, che può apparire come un muro in c.a. con il conseguente impatto visivo, la Cintura Flottante Sirive® può essere integrata dal punto di vista dell’impatto ambientale con una certa facilità. Le piastre possono infatti essere completamente immerse nel versante, ricoprendo la piastra con terreno durante la riprofilatura del pendio, procedendo infine al suo naturale rinverdimento.

La tecnica delle Pareti Flottanti Sirive® è adatta alla sistemazione di movimenti franosi lenti di media entità, dove si desidera ottenere un rapido risultato con costi molto contenuti se confrontati con altre opere. Questo metodo è spesso impiegato nel consolidamento di movimenti franosi che interessavano opere viarie di modesta entità.

Una “parete flottante” è costituita essenzialmente da una serie di file di barre di ancoraggio autoperforanti che attraversano la zona attiva della frana e si ancorano nella zona passiva (uno strato profondo resistente), ma non necessariamente nel bedrock. Si viene così a creare un bulbo di ancoraggi nella zona passiva, oltrepassata la superficie di scorrimento della frana. Risulta quindi di fondamentale importanza stabilire il posizionamento della parete flottante e l’inclinazione degli ancoraggi.

La tecnica consiste nell’installazione di una serie di barre autoperforanti immorsate in una parete di rivestimento esterna. La parete ha la funzione di collegare tra loro le teste delle barre autoperforanti e deve essere opportunamente armata, prevedendo in particolare una armatura orizzontale a taglio. Per ridurre i tempi di intervento e semplificare le lavorazioni si utilizza in genere calcestruzzo proiettato (spritz-beton). Si procede poi con il collegamento definitivo delle teste delle barre autoperforanti alla parete.

La “parete flottante” è più deformabile rispetto ai muri tradizionali; può infatti deformarsi verso valle nella misura permessa dall’allungamento delle barre, le quali saranno messe in esercizio dallo spostamento del corpo di frana. Poiché la Parete Flottante Sirive® si configura come una struttura di tipo passivo, la mobilitazione dell’attrito all’interfaccia boiacca-terreno lungo le barre avviene al verificarsi di spostamenti relativi del terreno. La parete potrà muoversi anche in direzione verticale, spostamenti che saranno comunque limitati entro qualche centimetro.

La Parete Flottante Sirive® offre alcuni vantaggi se confrontata con i muri rigidi tradizionali:

  • La costruzione va di pari passo con lo sbancamento, non richiedendo quindi grandi movimentazioni di terra e assicurando un alto livello di sicurezza durante la realizzazione;
  • Non richiede una fondazione, sia essa di tipo tradizionale o su pali, permettendo di risparmiare calcestruzzo. Anche lo spessore del muro esterno è minore rispetto ai muri tradizionali, con un conseguente minor costo dell’opera;
  • È adattabile a molteplici e differenti situazioni, specie in opere temporanee o provvisionali.

Per opere permanenti e temporanee vengono adottate le direttive della norma UNI EN 14490.

Il monitoraggio dei versanti consente di verificare l’efficacia dell’intervento messo in opera, oltre all’eventuale opportunità di procedere ad ulteriori interventi integrativi. Il monitoraggio avviene mediante l’impiego di strumenti atti al rilievo dei dati utili allo studio e alla modellazione dei movimenti, oltre all’eventuale calibrazione di sistemi di allerta per la popolazione.

La strumentazione impiegata per il monitoraggio dipende dalla finalità del rilievo:

  • Per il rilievo dei livelli di falda si provvede in genere all’installazione all’interno di opportuni fori di sondaggio, di tubi piezometrici a tubo aperto o di celle piezometriche tipo Casagrande a doppio tubo. La lettura può essere eseguita in modo manuale o automatico, tramite l’impiego di una centralina di registrazione ed eventuale collegamento wireless per la lettura dei dati in tempo reale.
  • Per l’osservazione dei movimenti profondi vengono in genere impiegati tubi inclinometrici installati all’interno di perforazioni di sondaggio; essi consentono di monitorare i movimenti del versante, confrontando gli spostamenti prima e dopo la messa in opera degli interventi di stabilizzazione, oltre di individuare la superficie di scorrimento della frana.
  • Per il rilievo degli spostamenti in superficie si impiegano comunemente dei metodi topografici, con risultati affidabili nella maggior parte dei casi pratici. Le tecniche sono le stesse impiegate per i rilievi topografici, come triangolazioni, trilaterazioni, triangolaterazioni e livellazioni geometriche di alta precisione con micrometro ottico. Il rilievo topografico degli spostamenti richiede in genere la predisposizione di picchetti di controllo (punti mobili) opportunamente dislocati sul corpo di frana e georeferenziati rispetto a una serie di punti fissi detti capisaldi, localizzati nel terreno stabile al di fuori della frana. In questo ambito la Dalla Gassa impiega anche tecniche di rilievo innovative, quali la fotogrammetria da drone e il laserscanner.
  • Per il controllo degli ancoraggi vengono utilizzate celle di carico passanti, con la registrazione della variazione della forza assiale nel tempo.